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Novità settimana 13 settembre 2021

Agenzia delle Entrate, Risposta n. 590/2021 - REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE PRODOTTO IN MODALITA' DI LAVORO AGILE - APPLICAZIONE RETRIBUZIONE CONVENZIONALE - ARTICOLO 51, COMMA 8-BIS, DEL TUIR


Con la risposta n. 590/2021, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sull’applicabilità del regime delle retribuzioni convenzionali, di cui all’art. 51, co. 8-bis, del TUIR, nel caso di una lavoratrice fiscalmente residente in Italia, distaccata da una società italiana presso la sua consociata tedesca, la quale, come da contratto, durante i periodi di assegnazione all’estero potrà occasionalmente svolgere la propria attività di lavoro in modalità smart working anche dall’Italia.

Nel caso di specie, il contratto di distacco prevede che l’attività della lavoratrice sarà esclusivamente e totalmente svolta in favore della distaccataria tedesca, che l’attività lavorativa potrà occasionalmente svolgersi in smart working lavorando sia dalla Germania che da altri Paesi (compresa l’Italia) e che per tutto il periodo di distacco, i giorni complessivi di permanenza all’estero ammonteranno senz’altro a più di 183 nell’arco dei 12 mesi. La dipendente manterrà la propria residenza in Italia, risultando iscritta all’Anagrafe della popolazione residente del proprio Comune.

L’interpello è volto a chiarire se la circostanza che la lavoratrice svolga occasionalmente la propria attività dalla sua abitazione in Italia possa precludere l’applicazione del regime dei redditi convenzionali.

Preliminarmente l’Agenzia osserva come la disciplina dei redditi convenzionali trovi applicazione a condizione che:

a) il lavoratore, operante all'estero, sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali di cui all'art. 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito dalla legge 3 ottobre 1987, n. 39, fissa la retribuzione convenzionale;

b) l'attività lavorativa sia svolta all'estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;

c) l'attività lavorativa svolta all'estero costituisca l'oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l'esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all'estero;

d) il lavoratore nell'arco di dodici mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni (non necessariamente continuativi).

Premesso che, lo Stato nel quale il reddito è fiscalmente rilevante non è individuabile in ragione del Paese in favore del quale l’attività lavorativa è prestata, l’Agenzia ha concluso che il regime dei redditi convenzionali non potrà trovare applicazione nel caso di specie, qualora lo svolgimento dell’attività lavorativa in smart working comporti la presenza fisica della dipendente nel nostro Paese per un periodo pari o superiore a 183 giorni e, conseguentemente, il mancato rispetto della condizione di cui sub. d).

Si osservi che, la risposta dell’Agenzia delle Entrate, non tiene in considerazione l’ipotesi alternativa in cui la dipendente svolga sul nostro territorio la propria attività lavorativa senza tuttavia superare i 183 giorni di permanenza. Nel silenzio dell’Agenzia, occorre chiedersi se, in tale ipotesi, si dovrebbe comunque ritenere non rispettata la condizione sub. c), che impone che l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero.




Cass. Pen. Sez. III, Sent. 16/09/2021, n. 34407 – Società in accomandita semplice e reato di dichiarazione infedele ex art. 4, D.l.vo 74/2000


Secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, in presenza di reati dichiarativi ascrivibili a società di persone, per la valutazione dell’imposta evasa ai fini del superamento della soglia di punibilità di cui all’art. 4, co. 1, lett a) e b), D.l.vo n. 74/2000, si deve fare riferimento a quanto evaso dai singoli soci.

Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda sulla circostanza che “le società in accomandita semplice sono tenute a presentare le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, ma il risultato di esercizio deve essere imputato direttamente ai singoli soci, ovviamente ciascuno per la sua quota di partecipazione”. Ne deriva che, il reato di dichiarazione infedele, qualora commesso da una società di persone, può essere integrato mediante la presentazione della dichiarazione della Sas, ma “l'imposta sui redditi evasa deve essere calcolata avendo riguardo al reddito dei singoli soci”.




Agenzia delle Entrate, Risposta interpello n. 607/2021 - L'articolo 60, commi da 7-bis a 7-quinquies, del decreto legge n. 104 del 2020. Deduzione degli ammortamenti sospesi.

Con la Risposta n. 607/2021, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che le deduzioni fiscali degli ammortamenti non imputati a conto economico ai sensi dell’art. 60, commi da 7-bis a 7-quinquies, d.l. n. 104/2020, ha natura meramente facoltativa.

Come noto, l'articolo 60, ai commi da 7-bis a 7-quinquies, del Decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito il legge 13 ottobre 2020 n.126, ha introdotto, per i soggetti non IAS adopter, la possibilità di “non effettuare fino al 100 per cento dell'ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall'ultimo bilancio annuale regolarmente approvato”, con la conseguenza che la quota di ammortamento non effettuata sarà imputata a conto economico dell’esercizio successivo, determinando di fatto, per tale quota, il prolungamento di un anno del piano di ammortamento originario (comma 7-bis).

Ai fini IRES e IRAP, il comma 7-quinquies, in deroga al principio della previa imputazione a conto economico di cui all’art. 109, comma 4, TUIR, consente, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dalle rispettive norme di riferimento, la deduzione delle quote di ammortamento sospese, a prescindere dall’imputazione a conto economico. Ne deriva che “Le previsioni contenute nel citato comma 7-quinquies consentono al contribuente di far concorrere alla formazione del reddito di periodo (e del valore della produzione netta) le quote di ammortamento sospese, a prescindere dall'imputazione al conto economico, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dagli articoli 102, 102-bis e 103 del Tuir e degli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo n. 446 del 1997”.

Con l’interpello n. 607/2021, è stato chiesto all’Agenzia delle Entrate se la deduzione di cui al comma 7- quinquies, abbia natura obbligatoria o facoltativa dato che l’Istante, ha prospettato di non avere alcun interesse alla deduzione fiscale degli ammortamenti non imputati a bilancio, in quanto il conto economico dell'esercizio 2020 si chiude con una perdita tale da determinare l'assenza di materia imponibile sia ai fini IRES che ai fini IRAP. L’Agenzia delle Entrate, alla luce dell’interpretazione della ratio della norma, ha affermato che l’assunto dell’art. 7-quinquies secondo cui “la deduzione della quota di ammortamento di cui al comma 7-terè ammessa”, deve essere interpretata nel senso di consentire ai contribuenti la facoltà di valutare se operare o meno la deduzione delle quote di ammortamento in esame.






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