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Novità 10 marzo 2021

Si segnala che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrata n. 65238/2021 sono state approvate le modifiche al modello di comunicazione per la fruizione dei crediti d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro-Italia e nelle zone economiche speciali (ZES), istituiti, rispettivamente, dall’art. 1, commi da 98 a 108, della l. n. 208/2015, dall’art. 18-quater del d.l. 9 n. 8/2012, e dall’art. 5 del d.l. n. 91/2017, stante la proroga di tali agevolazioni prevista dall’art. 1, co. 171, della Legge di bilancio 2021, fino al 31 dicembre 2022. La versione aggiornata che sarà pubblicata in data 31 marzo 2021, dovrà essere utilizzata oltre che per la richiesta del suddetto credito d’imposta, relativamente alle annualità 2021 – 2022, anche per la presentazione di comunicazioni di rettifica e di rinunce al credito d’imposta.

Agenzia delle Entrate, risposta n. 163, 8.03.2021. Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n.212 - Cessione del credito non ancora fatturato e fallimento del creditore cedente. Momento impositivo e fatturazione – IVA.

Nella risposta n. 163 del 8.03.2021 l’Agenzia delle Entrate è intervenuta in merito all’individuazione del momento impositivo ai fini IVA in caso di cessione del credito afferente ad una prestazione di servizi, sia con riguardo alla disciplina generale, sia in relazione al caso di concreto in cui le parti del contratto ci cessione del credito, cedente e ceduto, sono entrambe società sottoposte a fallimento. Infine, si è pronunciata in relazione agli obblighi posti in capo al curatore nel caso in cui, come quello in esame, si prospetti un’estinzione anticipata del fallimento della cedente rispetto alla ceduta.

In primo luogo, l’Agenzia richiama l’art. 6, co. 3, del Decreto IVA, il quale stabilisce, in via generale, che “le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo”. La circostanza che il prestatore di servizi, successivamente, ceda il credito sorto a fronte dello svolgimento dei servizi stessi - come nella fattispecie rappresentata dall'Istante - non muta il momento impositivo sopra descritto, . il Il contratto di cessione del credito (art. 1260 c.c.), in sostanza, comporta la successione del nuovo creditore rispetto al precedente titolare, che viene da questo sostituito, mentre l'obbligazione resta inalterata in tutti gli altri suoi elementi. Per cui, prosegue l’Agenzia, si tratta, di un'operazione finanziaria autonoma rispetto a quella da cui trae origine il credito, giuridicamente e casualmente distinta da essa. Viene richiamato poi il par. 3.1 della circolare n. 1/E del 2013, con la quale l’Agenzia delle entrate aveva precisato che con riferimento alla cessione del credito in relazione ai casi in cui l'esigibilità dell'IVA si ricollega al pagamento del corrispettivo (regime di cassa ed esigibilità differita), ipotesi nella quale rientrano anche le prestazioni di servizi, tale cessione non realizza il presupposto per l'esigibilità dell'imposta e conseguentemente : “l'incasso del prezzo di cessione del credito non è assimilabile al pagamento del corrispettivo delle operazioni originarie e il cedente dovrà corrispondere la relativa imposta solamente nel momento in cui il debitore ceduto pagherà effettivamente il corrispettivo al cessionario del credito”.

Nella fattispecie in esame, in cui oggetto della cessione è un credito vantato nei confronti di un debitore sottoposto a fallimento, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il pagamento del credito avverrà, nei confronti del cessionario dello stesso, al momento del riparto dell'attivo fallimentare della stessa. Solo allora l’operazione potrà dirsi effettuata, con la conseguente nascita dell'obbligo di emissione della fattura e del versamento della relativa imposta in capo al cedente (prestatore di servizi). A tal fine, la società debitrice dovrà comunicare alla cedente la data di esecuzione del pagamento effettuato in favore del cessionario, per consentire alla stessa l'effettuazione degli anzidetti adempimenti.

Tuttavia, nel caso di specie si prospetta una chiusura del fallimento della cedente, anticipata rispetto a quella della ceduta, e quindi rispetto al momento impositivo come sopra descritto. Si aprono quindi due scenari diversi: (i) ove il Tribunale, in via cautelativa, nel caso di chiusura del fallimento per compiuta ripartizione dell'attivo in pendenza di giudizi da cui potrebbero derivare ulteriori obblighi fiscali, disponga che non sia cancellata la società dal registro delle imprese e, conseguentemente, che non siano chiusi la partita IVA e il conto corrente bancario intestato, il curatore fallimentare avrà la possibilità di assolvere gli obblighi fiscali secondo le regole ordinarie; (ii) diversamente, se il tribunale dovesse disporre la cancellazione della società, cui consegue la chiusura della relativa partita IVA, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che a seguito del pagamento al cessionario delle somme dovute dalla ceduta, derivanti dal riparto fallimentare della stessa, il curatore dovrà procedere all'apertura di una nuova partita IVA per la cedente, al fine di ottemperare a tutti gli obblighi in argomento. Pertanto, il curatore mantiene in ogni caso l’obbligo di emettere fattura per conto della società cedente e di porre in essere i successivi adempimenti. Infine, in caso di omessa fattura da parte del curatore, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la debitrice dovrà procedere a regolarizzare l’operazione mediante l’emissione dell’autofattura ex art. 6, co.8, d.lgs. n. 471.

Agenzia delle Entrate, risposta n. 159, 8.03.2021. Trasferimento titoli da un mandato fiduciario cointestato in caso di decesso di uno dei cointestatari.

Secondo quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate, in caso di decesso di un cointestatario di un dossier in regime di risparmio amministrato, il trasferimento dei titoli ai singoli rapporti intestati agli eredi e all’altro cointestatario non comporta l’applicazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze nella misura del 26% (art. 6, co.6, d.lgs. 461/1997).

Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate verteva infatti sull’applicazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze di cui all’art. 6, co. 6, cit. in base al quale si considera cessione a titolo oneroso (e quindi comporta l’applicazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da parte dell’intermediario sulla base del valore di mercato) anche il trasferimento dei titoli, in regime amministrato a rapporti di custodia o amministrazione intestati a soggetti diversi dagli intestatari del rapporto di provenienza, salvo che il trasferimento non sia avvenuto per successione o donazione.

In relazione agli effetti della successione nel caso di decesso di un titolare di un rapporto con opzione per il risparmio amministrato, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato la risoluzione 24 luglio 2001, n. 120/E, che nel premettere che il decesso dell'intestatario del rapporto non rientra tra le fattispecie suscettibili di generare redditi diversi di natura finanziaria, ha chiarito che, al termine della procedura di successione, l'intermediario, su richiesta degli eredi, trasferisce le attività finanziarie intestate al de cuius ai singoli rapporti di custodia o amministrazione intestati agli eredi presso il medesimo o altro intermediario, ovvero consente il loro prelievo materiale, attribuendo alle attività stesse i valori definiti o dichiarati ai fini dell'imposta sulle successioni, incrementati della relativa imposta sulle successioni.

Inoltre, prosegue l’Agenzia delle Entrate, anche nel caso in cui il cambio di intestazione del deposito titoli non deriva da una manifestazione di volontà del coniuge superstite, ma è una conseguenza della morte dell'altro cointestatario, il trasferimento su un conto intestato al coniuge superstite del 50 % dei titoli, che non è caduto in successione, non può essere assimilato ad una cessione. Pertanto, alla stregua del trasferimento mortis causa, dovrà considerarsi neutrale e non soggetto all’imposta del 26%.

A cura di Prof. Avv. Philip Laroma Jezzi e Dott.ssa Rebecca Mirannalti

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